Un poco di me/ Something about myself - Luca Rinaldo Villani, Classical Guitarist

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Un poco di me/ Something about myself

Sulle note della Remembarnza di Andrés Segovia (CD Five Centuries of Guitarra Española)
On the melody of Andrés Segovia Remembranza (CD Five Centuries of Guitarra Española)


Non ricordavo affatto che a 11 anni facessi il segno di "vittoria" come i miei figli oggi, se non fosse testimoniato da questa foto ritrovata da un caro compagno di classe delle medie, Fabio Paretti, oggi manager all'API. A quel tempo, era il 1974, suonavo la chitarra da pochi mesi. Il mio primo maestro era Roberto Chiarini e la scelta fu del tutto casuale: era l'insegnante di un mio amichetto, Angelo Centrone, e mia mamma mi chiese se per caso volessi iniziare anche io a suonare la chitarra. Io dissi "SI" senza sapere altro. Il Maestro Roberto mi trasmise mese dopo mese, con lezioni settimanali, la passione per la chitarra. Ci divise improvvisamente la sua chiamata al servizio militare: divenne ufficiale e poi si sposò. Conservo ancora una stupenda lettera in cui si rammaricava di avermi lasciato così, incoraggiandomi a proseguire a suonare in ogni modo. Purtroppo quando lo andai a trovare anni dopo per invitarlo ad un mio concerto al Teatro Ghione, lo trovai già ammalato del male che poi lo portò via nel 1998.
Ritornando al lontano 1978, vedendo languire il mio studio senza più il lume delle lezion, mia mamma mi portò ad una audizione del già famoso e apprezzato M°Bruno Battisti D'Amario: purtroppo non avevamo considerato una lista di attesa con allievi talentuosi, e così rimasi un altro anno a correggermi da solo mettendomi pazientemente in attesa del Maestro.
Alla prima occasione utile lo seguii al mio primo corso (allora non si chiamavano master-class ma più semplicemente, e nobilmente,  Corsi di Interpretazione Musicale!)  nelle sale affrescate del Festival delle Nazioni di Città di Castello. Tra mobili antichi e profumosi di legno e cera presentai con una certa emozione le Variazioni su un tema di Haendel op.107 di Giuliani ed il primo preludio di Ponce. Dovevo correggere parecchio dell'impostazione sia della mano destra che sinistra (un po' meno): dal suonare Bach e Sor tornai così agli esercizi del Gangi… ma non mi persi d'animo. IL maestro Chiarini mi passò nel frattempo diversi allievi, che lui da novello sposo, papà e cameraman di nuovo incarico alla RAI, non poteva più seguire; con essi, ragazzi del liceo poco più giovani di me, iniziai una bella "gavetta didattica" con cui guadagnavo qualche soldino che serviva a pagare le mie lezioni private (molto più costose) cui si aggiunsero presto quelle di Armonia, libri, spartiti, corde, benzina: nonostante tante spese potevo toglermi il piacere di offrire le prime cenette alla mia ragazza.
Finito il Liceo Classico (1981) mi iscrissi alla facoltà di Giurisprudenza. Ma nell'estate  1982 ebbi una crisi inaspettata: dopo tre esami di Legge mi ero portato al mare, in Calabria, il tomo del Rescigno di Diritto Privato: la mattina studiavo Privato, a pranzo un tuffo al mare e un panino sotto l'ombrellone con i miei e un po' di Jach Higgins, La Notte dell'Aquila. Al pomeriggio, passata l’ora torrida, studiavo chitarra con molta più soddisfazione e il plauso del vicinato (eravamo in un villaggio fra gli ulivi sulla costa Ionica). La sera non mancava qualche ingaggio del mio amico Luciano Sinopoli, pianista dall’ottimo orecchio che metteva a disposizone la sua meravigliosa terrazza con gelati di Pizzo, pizze cotte a legna della simpatica cugina e la compagnia di amici e amiche…
Finchè un bel giorno suonai sia di mattina che di pomeriggio! interruppi il manuale del Rescigno a pag. 322 e tuttora c'è  lì a mò di segnalibro il biglietto FS Roma-Soverato, del 26/7/1982: era quella la data delle mie vacanze dopo aver dato l’esame di Filosofia del Diritto. Non tornai mai più in quella facoltà, da cui uscirono gli avvocati con cui, chi me l'avesse mai detto, ho avuto negli ultimi anni una certa frequentazione...Ma torniamo a quell'autunno del 1982: dopo le vacanze col gruppo della parrocchia, carissimi amici dei tempi d'oro, decisi di passare alla  facoltà di Lettere, per laurearmi , con molta calma anche a causa del sempre più cospicuo e costante studio sulla chitarra, in Storia della Musica. Per quanto incerto sul mio futuro, almeno avevo sgombrato il campo dal rischio di trovarmi un giorno giurista e chitarrista, con il bivio di chiedermi “Che fare?”. Furono anni bellissimi: musicalizzavo tutti gli esami che potevo, Filologia Romanza, Storia dell'Arte, Etnomusicologia, Letteratura Italiana e rivestivo di una per così, dire “veste letteraria” tutto ciò che suonavo: Villa-Lobos, Sor, Giuliani, Ponce, Bach!
Pian piano, passata la purga di esercizi lentissimi di ogni sorta, passando per i piacevoli studi dei vari Carcassi, Sor, Carulli, iniziavano a prendere forma sotto le mie dita, sempre più sicure, i brani di repertorio che ascoltavo sui long playing dei miei beniamini, ammiccanti dalle copertine patinate degli ambìti dischi d'importazione: Julian Bream, Alirio Diaz, John Williams, Oscar Ghiglia, Vladimir Mikulka, oltre naturalmente all'immenso Segovia. I miei difetti di impostazione sembravano ormai superati, ed ero confidente di aver recuperato il tempo perduto. A Roma frequentavo i concerti sinfonici a Santa Cecilia, con sorprendente grave penuria di chitarra, ma per fortuna il Centro Romano della Chitarra portava all’accogliente Auditorium dell’IILA dozzine di valenti chitarristi da mezzo mondo: erano recitals ottimi con i repertori più variegati, cui assistevo in religioso silenzio con il caro amico Pierluigi Cappello che ci guidava dalla Cassia fino all’EUR con 3mila lire di super nella mitica Citroen LN !
Proseguivano poi i Corsi estivi di Interpretazione con Battisti D'Amario a Città di Castello, Mezzolombardo e Copanello, con i Saggi finali in cui imparai a presentarmi non più in maglione verde acquamarina, dopo un perentorio richiamo del Maestro, ma in giacca e papillon; iniziavo insomma a mettere alla prova anche la mia "tenuta di scena", con una certa soddisfazione personale e riconoscimento anche degli addetti ai lavori, tra cui i maestri di altri strumenti.
Arrivò così l’estate del fatidico diploma, con la brutta notizia che pochissimi Conservatori Italiani ammettevano esami da privatisti. Dopo un saggio vicino Trento con il mio amico Antonio Calogero a coronamento del Corso più decisivo per la nostra maturazione da studenti a giovani maestri, partimmo alla volta di Tortona con due belle cantanti di Genova amiche di Corso. Si trattava di una breve “concessione di svago” prima del “rush finale in vista del diploma di Settembre: ma l’ euforia fu tanta da non accorgerci che la mitica UNO diesel,classe 1984, rosso bordeaux, era in riserva da troppi chilometri! La parsimoniosa carrozza galeotta ci lasciò borbottando a poche curve dalla meta. Pazienza: provvidenziale tanica e gambe in spalla fino al self- service prima maniera, ci siamo passati tutti, giungemmo infine all’ agognata dimora campagnola, un casolare in pietra fresco e antico come un castello. Passata la mezzanotte, senza dormire da giorni (beata gioventù) ci buttammo sfiniti senza manco cenare in un grande lettone, soffice come un accogliente pagliericcio, tutti e 4, anzi tutti e  6 chitarre comprese, col profumo della tuberosa, docciati a dovere. Fu una notte di placidi baci e stelle silenti, finchè ci appisolammo come salami. Al risveglio, più ora di pranzo che di colazione, schiusi gli occhi fra alberi fronzuti e ombrosi tutt’intorno, improvvisammo una gustosa pasta pomodoro e basilico verace di campagna annaffiata da vino della casa; un cagnone sornione del papà della padrona di casa ci guardava di sottecchi come ospiti imprevisti e un po’ addormentati. Dopo amaro e caffè doppio abbiamo accordato per vedere se ci ricordavamo ancora tutto il programma: il fatidico Diploma decennale di Conservatorio era alle porte. In programma la  sontuosa Terza Suite di Bach, la poderosa Grande Ouverture di Mauro Giuliani, la selvaggia Sonata di Turina ed i moderni Quatre Pieces Breves di Frank Martin. Fu così che lasciammo, molto a malincuore, le nostre primedonne musiciste, compagne di tanti bei momenti: Roberta e Maria Cristina (chissà che fine avete fatto?)
L’alba dopo partimmo, un po’ come in un languido addio trobadorico, ma stavolta con un bel pieno di gasolio alla volta di una frizzante Roma settembrina: iniziavano già allora le rinunce più sofferte, ma anche le più romantiche, e tutto questo solo per lei: la Chitarra!
CONTINUA...

 
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